Torna a scrivere per BeachVolleyTour il coach Marco Solustri, di ritorno dalla trasferta Svizzera dove con la nazionale femminile russa ha raggiunto un nono ed un quinto posto. Ci ha rassicurato che da oggi in poi scriverà con maggiore frequenza. Noi gli diamo fiducia…
Ho appena finito di leggere un bel libro di Valerrij Panjuskin, ”L’olimpo di Putin”. L’argomento di cui si tratta riguarda la vita che si svolge a Rublenka, la Beverly Hills di Mosca, e soprattutto di come si comportano i suoi abitanti. E del “gioco” che essi conducono. Il gioco del potere, dei soldi, della moda, delle tendenze, dei progetti.
Quasi all’inizio del libro, mi sono imbattuto in una frase che mi ha colpito profondamente: “…e se il capo condividesse le sue informazioni con i propri sottoposti, dividerebbe non solo le responsabilità, ma spartirebbe con loro anche il potere”.
Per me, che lavoro con i russi da diversi anni, è stato come un flash sulla mancanza di comunicazione che constato a tutti i livelli: tra me e la federazione, tra me ed i giocatori, tra giocatori e giocatori, tra tutti con tutti! Già qualche tempo fa avevo parlato della difficoltà che ha un allenatore in Russia ad interagire con i suoi giocatori a causa della gerarchia che impone la tradizione; classico esempio: gli allenatori ad un tavolo, magari con vino, birra e quant’altro; i giocatori ad un altro, con altre pietanze e bevande. Ora, ancora una volta, mi rendo conto che nella cultura russa (e probabilmente non solo in quella russa) i “capi”, non solo non pranzano con i “sottoposti”, ma non vogliono nemmeno renderli maggiormente responsabili, per timore di dover spartire con loro il proprio potere (piccolo o grande che sia).
Questo fatto l’ho verificato in prima persona, vedendo alcune persone del mio staff, impegnate in compiti non particolarmente complessi, che per nessuna ragione delegavano ad altri i loro compiti. Perché delegare, responsabilizzare, condividere, riduceva in parte l’importanza della loro presenza, già di per se’ non straordinaria. È da qui che nasce il mostruoso apparato burocratico (in Russia come in molti altri paesi), dal prendere consapevolezza della propria pochezza e della propria non-indispensabilità. E, di conseguenza, dal non voler condividere nulla con nessuno! Ed io, che sono certo che solo nella condivisione ci sia una crescita, che sono certo che solo dando si riceva (in tutti i sensi), mi sono trovato a lavorare proprio qui (e sicuramente non sarà un caso…)
Beh, è una bella sfida provare a cambiare alcune cose, soprattutto quando sono radicate nella cultura di un popolo da secoli di storia. A volte mi rendo conto che è una sfida impossibile, a volte vedo dei piccoli segnali di cambiamento che triplicano la mia energia ed il mio entusiasmo.
Questa settimana abbiamo giocato in Svizzera, in uno dei primi tornei del World Tour, con obiettivo le Olimpiadi di Rio 2016. Sono sicuro che alla base delle vittorie nello sport ci sia sempre la volontà di cambiare per poter andare oltre i propri limiti. Qui abbiamo i nostri. Tra qualche mese vi saprò dire come si è conclusa la sfida.
Ma, intanto, dimentichiamo l’obiettivo e godiamo il percorso…