L’estate sta finendo… La Fipav per chiudere la sua stagione nazionale sulla sabbia quest’anno ha inventato la manifestazione denominata “Coppa Italia”.
Lo dico subito, iniziativa lodevole. Fare è sempre meglio del non fare. Leggendo l’indizione si intuisce anche come il torneo voglia essere una sorta di premio fedeltà a chi ha partecipato al campionato italiano, rassegna del vorrei ma non posso della federazione che da quando ha perso il supporto mediatico della Gazzetta dello Sport è diventato – dal mio modesto punto di osservazione – un torneo mediaticamente sconosciuto alle masse. Un “dovere” da perpetrare anno dopo anno, gabella dopo gabella, polemica dopo polemica, forse giusto per giustificare tesseramenti e quant’altro alla Fipav.
Un mondo meraviglioso ma quasi clandestino quello del movimento tricolore sulla sabbia. Poi sono arrivati i “social” – sempre monitorati dalla Fipav – dove i beachers iniziano a raccontare le cose e a rendere note le problematiche del circuito.
Ne ho lette tante anche quest’anno sul beach volley. L’ultima riguarda proprio la manifestazione che assegnerà la coccarda tricolore. Una polemica sul metodo, non sulle persone e la loro passione sia chiaro.
Un giocatore d’esperienza come Eugenio Amore ha sollevato il problema del perché una coppia con 0 punti totalizzati nella rassegna tricolore (quella che permette l’ammissione alla prima edizione della Coppa Italia) abbia il primo posto nel “ranking” del torneo grazie alla Wild Card. Discussione sulla lana caprina? Forse, o forse no. Perché i dubbi e le critiche sollevate arrivano a coinvolgere nella discussione/confronto promoter internazionali, arbitri nazionali, campioni del passato, organizzatori di tappa, supervisor e anche un consigliere nazionale del settore.
Tante idee, qualche mugugno, qualche segnalazione d’inefficienza come il silenzio federale in risposta alle email degli atleti che fanno richiesta di spiegazioni, integrazione ai regolamenti che compaiono solo a posteriori rispetto alle polemiche sollevate dai giocatori, minacce di boicottare la stessa manifestazione (ma non succederà mai) e tanto altro ancora.
La percezione? Sempre e solo quella, ovvero che ci sia un elevato tasso di improvvisazione in chi gestisce questo circo e di regolamenti che vengono tradotti “all’italiana” ovvero con molta interpretazione e poche certezze.
La condizione preferita di chi gestisce con la modalità “divide et impera”.
Luca Muzzioli